Da 58 anni l’appuntamento annuale con il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese rappresenta, senza dubbio, una preziosa occasione di riflessione.
Il rapporto rivela con grande efficacia i mali, sempre più endemici, della nostra società: crescenti diseguaglianze, erosione costante dei redditi, spopolamento delle aree interne, crisi dell’identità collettiva, caduta demografica.
Siamo sempre più in preda alla sindrome italiana: continuità nella medietà. Secondo Censis, proseguiamo nel galleggiare “nonostante tutto e come sempre”. Ma questo non può proteggerci a lungo, anzi gli inconvenienti aumentano sempre di più e stanno lentamente eliminando l’acqua in cui fluttuiamo.
Con il passare degli anni, l’analisi del Censis diventa via via più impietosa. “Siamo insomma un Paese povero di intenzione e povero di politica…Da questa barca non possiamo scendere, ma dobbiamo pur navigare, senza bussola e senza fari…”. Il giudizio sulla politica e sul fare politica è, come si vede, senza appello. D’altra parte la crescente disaffezione al voto credo dimostri quello che gli italiani pensano di essa e dei governi, ed anche noi non possiamo che condividere le critiche del Censis alle responsabilità ed ai ritardi della politica.
Ma è tutto qui? Ovviamente no. Il 2024 può essere ricordato come l’anno dei record: record degli occupati e dei flussi turistici dall’estero, aumento dei giovani occupati e laureati. Ma questi record, secondo, Censis, non compensano quelli negativi. Così si sottolinea che l’occupazione cresce nei settori del terziario (a bassa produttività) e diminuisce nella manifattura. Questo è un male oppure no? Non dovremmo ragionare su questo, per capire come sostenere politiche industriali e nel contempo lavorare per migliore qualità e produttività dei nostri servizi?
Nel Rapporto, ovviamente, si fa cenno anche alle eccellenze ed alle cose che funzionano: “la società è tanto più fertile quanto più sa coltivare ed avere cura del nuovo che si ritrova tra le mani…”. Mi chiedo se non dovremmo proprio partire da quello che funziona per cercare soluzioni ai nostri mali endemici. Forse dovremmo chiedere anche alla sociologia una mano per “estrarre” dalle eccellenze approcci, contenuti e metodi utili a “fertilizzare” la nostra intera economia. Penso fondamentalmente che è necessario vedere il nostro mondo con un po’ di ottimismo in più.
Salvo Messina
Presidente Solco