Nei giorni scorsi la Regione Lombardia ha emanato un Avviso per raccogliere manifestazioni d’interesse volte a costituire delle “Reti per la ricollocazione e riqualificazione collettiva”. Le reti, composte su base territoriale e/o settoriale da istituzioni, operatori del mercato del lavoro, imprese e parti sociali, dovrebbero rappresentare il tessuto connettivo per realizzare interventi mirati di formazione ed avviamento al lavoro rivolti a lavoratori in cassa integrazione, come previsto dal percorso 5 del programma GOL (afferente al PNRR). Il fine ultimo dell’attività delle Reti è quello di avviare interventi formativi fortemente connessi a reali prospettive di inserimento (presso le stesse aziende coinvolte), o in alternativa percorsi di riqualificazione a sostegno dei processi di ricollocazione. In una prospettiva simile, seppur ancora fermo alle buone intenzioni, il recente Avviso della Regione Lazio per l’istituzione di “Comitati locali per l’occupazione” potrebbe risultare efficace, cercando di avvicinare le politiche attive alla domanda occupazionale che nasce dai territori e da specifici settori.
Ci siamo soffermati spesso in queste ultime settimane sul paradosso tutto italiano di avere elevati tassi di disoccupazione (quasi tutta giovanile) e contemporaneamente una fortissima domanda di lavoro non evasa. A mio modo di vedere, questo certifica il fallimento delle cosiddette politiche attive del lavoro avviate nel nostro Paese negli ultimi anni. Alcuni dati pubblicati in questi giorni lo confermano inconfutabilmente; ad esempio, dei 2,8 miliardi di euro stanziati per il Programma Garanzia Giovani (rivolto ai “neet”) ne sono stati impegnati solo il 66% e spesi solo il 56%. Per evitare di restituire 1,2 miliardi all’UE, il Governo Meloni (non per responsabilità dirette per il vero) sta provando a spostare le risorse verso gli incentivi all’occupazione, che come ben sappiamo finiscono solo per offrire finanziamenti indiretti alle imprese che assumono – le quali realizzerebbero le medesime assunzioni a prescindere. Per non parlare dell’altro fallimento colossale che si chiama Anpal. Dei 10 miliardi che lo Stato le ha conferito, l’Agenzia ne ha spesi solo il 35%. Una rovina ancor più significativa se si pensa che l’Anpal rappresenta l’istituzione principale per l’avvio delle politiche attive. A tutto questo si potrebbero aggiungere le difficoltà incontrate dal programma GOL (che nelle intenzioni dovrebbe sostituire Garanzia Giovani) in quasi tutte le Regioni. Misura dopo misura, non si impara nulla e si continuano a proporre strumenti inefficaci.
È giunto il momento di promuovere politiche mirate nei territori, anche per piccoli numeri, prendendo ispirazione dalle buone pratiche delle Regioni più virtuose.
Salvo Messina,
Presidente Solco