Nei giorni scorsi l’Inapp ha pubblicato il suo quarto rapporto sui tirocini extracurricolari, con riferimento al triennio 2020-2022. In questo periodo sono stati attivati nel nostro Paese 864.011 tirocini, con una presenza paritaria tra uomini e donne (50,1% per gli uomini e 49,9% per le donne). I tirocini risultano attivati (leggasi promossi) in particolare da strutture private: in oltre il 50% dei casi si tratta di centri di formazione professionale e APL, mentre i Centri per l’impiego hanno contribuito per il 26%.
Appare subito evidente quale ruolo hanno nel territorio le strutture articolate, che rappresentano senza ombra di dubbio canali importanti nella promozione di opportunità di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Infatti per il 49,2% dei giovani fino ai 29 anni il tirocinio rappresenta la prima esperienza di lavoro.
E poi non risulta vera l’equazione tra tirocinio e opportunismo aziendale nell’acquisizione di lavoratori a bassa retribuzione, che si manifesterebbe nella tendenza a reiterare la proposta di tirocinio allo stesso soggetto. Se andiamo a leggere i dati scopriamo che sono pochissimi quelli che sono al secondo tirocinio (il 10%), mentre l’87% sono alla prima (e nella stragrande maggioranza ultima) esperienza. Se a questo si aggiunge che la gran parte dei tirocini sono attivati nelle Regioni del Centro-Nord possiamo dedurre che non siamo in presenza di forme di mero sfruttamento.
Ci si pone spesso la domanda se tale strumento, nel tempo, non abbia perso la sua caratteristica formativa, per diventare invece una modalità di ingresso in azienda. Questo ci porta a ragionare anche su cosa intendiamo con formazione in un contesto lavorativo. “Imparare facendo” accanto a lavoratori/ici più esperti/e, deve essere o meno considerato formazione? O pensiamo che la formazione sia solo quella acquisita sui banchi di scuola? Di queste questioni si discute poco.
Io credo che un grande valore risieda nel fatto che la maggioranza dei tirocini si trasforma in assunzione. Il 44,5% (+5% sul triennio precedente) dei beneficiari è stato assunto con un contratto a tempo indeterminato entro il primo mese dalla conclusione del tirocinio, ovviamente nella medesima azienda; tale dato sale al 55,9% considerando i primi 6 mesi. Dunque un 11% trova lavoro anche da un altro datore di lavoro, confermando l’utilità di uno strumento da molti vituperato.
Salvo Messina
Presidente Solco