La cultura aziendale è certamente uno degli aspetti da sempre più sottovalutato sia dagli studi organizzativi che dello stesso management delle imprese. Non si riflette quasi mai sulle peculiarità “culturali” specifiche della singola azienda e sul modo con cui questa influisce sui risultati e sul business. La cultura, infatti, si costruisce negli anni sulla base della visione del/la suo/a fondatore/ice, del mercato di riferimento, dalla storia e dalle caratteristiche culturali del gruppo a cui appartiene l’organizzazione.
Da questo punto di vista possiamo affermare che un’impresa è fatta di aspetti strutturali (i prodotti o i servizi che vende sul mercato) e elementi sovrastrutturali (il modo con cui essa è organizzata per produrli). Quasi sempre si pone moltissima attenzione ai prodotti/servizi e poca a questi aspetti più intangibili. Nei fatti, dunque, la cultura aziendale risulta essere l’insieme dei valori che sono alla base dell’agire in un contesto organizzativo.
Risulta, a questo punto, facilmente intuibile che in un’organizzazione di tipo fordista questi aspetti sovrastrutturali avevano un peso meno rilevante, o comunque erano meno problematizzati. Oggi, al contrario, finiscono in molti casi per connotare e qualificare una specifica impresa e sono proprio gli aspetti immateriali a rendere un’azienda più competitiva sul mercato e più attrattiva per chi cerca lavoro.
Ha senso dunque lavorare su questi aspetti? Io penso di sì. Ci si dovrebbe interrogare sul tipo di cultura aziendale su cui è fondata la nostra impresa e sui valori percepiti da chi vi lavora. Ma dovremmo anche fare una valutazione sulla coerenza tra quei valori ed i prodotti e servizi dell’impresa, se i primi sostengano i secondi oppure confliggano con essi. Quando non c’è congruenza, ad esempio, tra i valori dichiarati ed i comportamenti agiti nella quotidianità, si finisce per dare vita a contraddizioni che incidono non solo sui risultati aziendali, ma anche sulla motivazione e sul senso di appartenenza dei collaboratori. La cultura aziendale non può essere antagonista del business, ma ne deve supportare lo sviluppo.
Sul piano pratico, si tratterebbe di avviare analisi articolate – magari supportate da consulenti con background in psicologia, sociologia o antropologia e soprattutto esterni al contesto organizzativo – che indaghino lo stato dell’arte e le implicazioni della cultura vigente per la qualità e la credibilità dell’offerta aziendale, ma anche per la convivenza interna, il clima organizzativo e il senso di appartenenza di ciascun/a collaboratore/ice. Fondamentale sarebbe un ampio coinvolgimento della popolazione aziendale, in termini sia di ascolto che di azioni di comunicazione e formazione successive, volte ad accompagnare i cambiamenti desiderati. Inutile dire, però, che tutto ciò necessiti in primis la volontà della dirigenza aziendale di mettersi in discussione e di rivedere modelli valoriali e comportamentali consolidati nel tempo.
Salvo Messina
Presidente Solco