Il Corriere della Sera lo scorso lunedì ha ospitato l’ultimo grido di dolore del Presidente di Confcooperative del Lazio. Le Cooperative sociali del Lazio rischiano di chiudere perché non trovano più educatori, operatori socio-sanitari ed impiegati.
Ma cosa sta succedendo al nostro mercato del lavoro? Non è passato molto tempo (un paio d’anni) da quando si diceva che non aveva senso cercare lavoro perché tanto il lavoro non c’era. Affermazione già allora assolutamente sbagliata: il lavoro c’è sempre, magari nei momenti di crisi economica sono molto di più quelli che escono dal mercato del lavoro di quelli che entrano – e trovare un’occupazione diventa semplicemente più difficile. Insomma, nel contesto di qualche anno fa risultava del tutto naturale concentrarsi quasi esclusivamente sulla domanda di lavoro.
Oggi siamo invece alla crisi dell’offerta: a fronte di una crescita esponenziale della domanda di lavoro, non vi è sufficiente disponibilità di manodopera. Ciononostante, l’occupazione è in crescita: nel 2023 i lavoratori assunti a tempo indeterminato sono stati 516.000 mentre gli occupati a tempo determinato sono diminuiti di 144.000, rivelando oltretutto che proprio la contrazione dell’offerta abbia spinto le aziende a fornire maggiori garanzie ai propri collaboratori.
Questa crisi dell’offerta di lavoro dovrebbe consigliare politiche e strategie adeguate. C’è in ballo il futuro del Paese, ma il dibattito politico su questi temi è praticamente assente. Ci si continua ad accapigliare su aspetti marginali oppure ci si intesta la crescita dell’occupazione come se fosse il risultato di specifiche politiche – che nessuno ha visto. Nessuno sembra voler affrontare le problematiche strutturali (in primis crisi demografica e invecchiamento della popolazione), per le quali servirebbe un utilizzo delle risorse finalizzato al superamento dei nodi che impediscono un più fluido rapporto tra domanda ed offerta di lavoro.
Le istituzioni dovrebbero lavorare per facilitare momenti di confronto tra le associazioni dei datori di lavoro, terzo settore (che spesso supporta fasce svantaggiate interessate ad inserirsi nel mondo del lavoro) e le stesse strutture che si occupano professionalmente di intermediazione nel mercato del lavoro.
Per fare un esempio: in una città come Roma sono ospitati più di 1.500 stranieri con le carte in regola per essere immessi nel nostro mercato del lavoro. Ma si fa qualcosa per facilitare questo incontro? Non sarebbe il caso di indirizzare le politiche e le risorse, che ci sono, verso progetti di selezione, formazione ed avvio al lavoro?
Salvo Messina
Presidente Solco