L’Agenzia delle Entrate – con risposta ad Interpello del 23 luglio 2019, n. 304 – ha affrontato la tematica del rimborso delle spese di missioni, ricordando che i redditi di lavoro dipendente sono determinati in base al principio di onnicomprensività, in applicazione del quale “costituiscono reddito tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce, anche da terzi, nel periodo d’imposta, a qualunque titolo ed anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro“.
Pertanto, tutte le somme corrisposte, anche a titolo di rimborso spese, al lavoratore in ragione del suo status di dipendente costituiscono per quest’ultimo reddito di lavoro dipendente.
Una deroga a tale disposizione si può avere nell’ipotesi in cui il dipendente sia incaricato di svolgere l’attività lavorativa al di fuori della normale sede di lavoro, trasferte o missioni, distinguendo a seconda che le prestazioni lavorative siano o meno svolte nel territorio del comune ove è ubicata la sede di lavoro.
Nel dettaglio, mentre le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale, tranne i rimborsi di spese di trasporto, comprovate da documenti provenienti dal vettore, concorrono a formare il reddito, per le trasferte fuori del territorio comunale sono previsti tre distinti sistemi di tassazione in ragione del tipo di rimborso, analitico, forfetario o misto, scelto.
Con il provvedimento in specie, dunque, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che in caso di rimborso delle spese di alloggio, o di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente, il limite di non concorrenza al reddito di lavoro dipendente è ridotto di 1/3, mentre il limite è ridotto di 2/3 in caso di rimborso sia delle spese di alloggio sia di quelle di vitto.
I rimborsi analitici delle spese di viaggio, anche sotto forma di indennità chilometrica, e di trasporto non concorrono comunque a formare il reddito quando le spese siano rimborsate sulla base di idonea documentazione.
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