La scorsa settimana si è tenuto l’annuale Convegno nazionale di Fondimpresa, dal titolo “Il lavoro al centro: Innovare la formazione continua, innovare il Paese nell’anno europeo delle competenze”.
Accanto alla riforma dei cosiddetti “Aiuti di Stato” (che spetta alla UE e non è più rinviabile), il tema più rilevante è stato certamente quello della necessaria gestione delle transizioni ecologica e digitale.
Credo che l’urgenza delle transizioni ci obblighi a ragionare sulla centralità del lavoro e sul fatto che è del tutto ineludibile connettere la formazione alle necessarie innovazioni di cui il nostro Paese ha bisogno. Forse per la prima volta si comincia a ragionare in questo modo: non c’è innovazione senza formazione. Ed è rilevante il fatto che a sottolineare questa connessione sia un Fondo Interprofessionale partecipato tanto dalla parte datoriale (Confindustria) quanto dai sindacati (Cgil, Cisl, Uil).
Le aziende italiane, in particolare le PMI, sono certamente competitive sui loro prodotti e servizi, mentre lo sono decisamente meno su dimensioni gestionali (es. controllo di gestione, marketing, organizzazione, valorizzazione delle professionalità interne, etc.), alcune delle quali risultano essenziali per accompagnare le innovazioni richieste. Fino a quando potranno sopravvivere prima e crescere poi senza affrontare questi fattori sempre più decisivi?
In questo quadro, un ruolo importante potrebbero e dovrebbero svolgerlo proprio le strutture bilaterali, ad esempio finanziando, come fa Fondimpresa, piani formativi su tematiche strategiche o destinati a specifici gruppi di lavoratori. Ma gli Enti Bilaterali territoriali potrebbero offrire un supporto alle imprese anche nell’attività di analisi dei fabbisogni formativi ed occupazionali, indirizzandole sulle competenze strategiche da acquisire.
Sulla formazione, sulla sua qualità e sulla sua finalizzazione, si gioca una partita decisiva per il nostro paese, come forse mai successo prima.
Salvo Messina,
Presidente Solco