L’INPS – con Messaggio del 02 dicembre 2019, n. 4477 – ha fornito alcune precisazioni in merito alla fattispecie dei titolari di assegno ordinario di invalidità (AOI), sospeso a causa dell’opzione in favore dell’indennità NASpI.
Com’è noto, i lavoratori che fruiscono di assegno o pensione di invalidità, nel caso in cui si trovino ad avere diritto ai trattamenti di disoccupazione, hanno diritto di optare tra tali trattamenti e quelli di invalidità, limitatamente al periodo di disoccupazione indennizzato.
L’assicurato titolare di AOI, che abbia optato per l’indennità di disoccupazione, può, a seguito di rinuncia alla prestazione di disoccupazione, rientrare nel godimento dell’AOI e non può più essere ammesso alla fruizione dell’indennità di disoccupazione residua oggetto dell’opzione.
Nel periodo di durata del contratto a tempo determinato l’assicurato rimane titolare dell’indennità NASpI anche se la stessa viene posta in sospensione; ne consegue che il soggetto, titolare dell’indennità di disoccupazione, non può, nel periodo di sospensione della prestazione, percepire l’assegno ordinario di invalidità, salvo che intenda rinunciare alla prestazione e percepire l’AOI, senza possibilità tuttavia di essere riammesso alla fruizione dell‘indennità di disoccupazione residua.
Pertanto, il fruitore dell’indennità NASpI che nel periodo di sospensione della prestazione, conseguente alla rioccupazione con contratto di lavoro a tempo determinato pari o inferiore a sei mesi, chieda il ripristino dell’assegno ordinario di invalidità, rinuncia all’indennità di disoccupazione NASpI per la quale inizialmente aveva optato e non potrà più rientrare nel godimento della stessa.
Il ripristino dell’assegno di invalidità, sospeso a seguito dell’opzione in favore dell’indennità NASpI, opera sempreché permanga la titolarità dell’assegno stesso. In tale contesto trova applicazione la disciplina dell’incumulabilità dell’assegno di invalidità con i redditi da lavoro.
Scopri di più sull’assegno ordinario di invalidità e indennità NASpI, nel Messaggio n. 4477.