Nei giorni scorsi la CISL ha presentato alla Cassazione un progetto di legge di iniziativa popolare sul tema della partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese. La questione non è nuova, se pensiamo che se ne parla fin dall’approvazione della Costituzione, con riferimento all’applicazione del noto articolo 40.
Credo che la proposta sia oggi quanto mai rilevante. Le rapide e profonde innovazioni di processo e di prodotto in atto in tutti i settori, nonché il repentino mutamento di atteggiamento verso il lavoro avvenuto a seguito della pandemia, presuppongono un diverso rapporto tra capitale e lavoro e dunque tra impresa e dipendenti. Soprattutto sul versante della cultura del lavoro, sono molti i segnali rilevanti: il lavoro rifiutato, l’alto numero di dimissioni volontarie (1.200.000 l’anno scorso), la richiesta di auto-organizzazione di molti lavoratori.
Sono sempre stato convinto che nella dialettica tra gli interessi dell’azienda e quelli dei lavoratori esista una zona grigia (continuità aziendale, posti di lavoro da conservare, condizioni di lavoro, qualità dei prodotti e del rapporto con i clienti) nella quale si possa lavorare insieme, con reciproche soddisfazioni.
Tra le diverse forme di partecipazione previste dal progetto di legge (economica-finanziaria, gestionale ed organizzativa), proprio quest’ultima mi sembra dunque prioritaria, poiché è dalle questioni organizzative che passa un diverso modo di considerare l’azienda, i suoi valori e una nuova concezione del lavoro.
In realtà il tema della partecipazione, pur in assenza di legislazione in materia, non è del tutto nuovo nel nostro Paese. Le esperienze virtuose avviate, tuttavia, riguardano essenzialmente le grandi aziende. Essendo il tessuto produttivo italiano composto per la quasi totalità da micro e PMI, c’è dunque da riflettere su come promuovere la partecipazione in tali realtà. Come per il sostegno alla parità di genere, si potrebbe pensare a forme di sostegno ad hoc, prevedendo incentivi ed agevolazioni mirate. Gli Enti Bilaterali potrebbero svolgere un ruolo strategico nella definizione di tali misure, poiché espressione delle due parti in causa.
C’è un problema di cultura organizzativa, ma c’è prima di tutto una questione relativa alle scelte strategiche che il Paese deve compiere per affrontare le sfide capitali del nostro tempo.
Salvo Messina,
Presidente Solco