Un recente studio del Cedefop (l’Agenzia UE per lo sviluppo della formazione professionale) ci consente di portare aventi le riflessioni sulle PMI, sul loro ruolo e sulla formazione necessaria per la loro competitività. Abbiamo sempre detto che le PMI per il sistema italiano rappresentano allo stesso tempo il punto di forza e di debolezza. Sono senza dubbio la nervatura della nostra economia, ma la loro fragilità e le loro ridotte dimensioni finiscono per rappresentare anche un freno all’innovazione ed allo sviluppo.
L’indagine del Cedefop ha approfondito 3 casi studio relativi a progetti per promuovere l’apprendimento sul luogo di lavoro. L’assunto alla base è che a fronte di fabbisogni formativi crescenti, l’apprendimento degli adulti risulta ancora insufficiente e, soprattutto nelle PMI, si fa poca formazione – troppo spesso solo quella obbligatoria. Dei casi studio presentati, mi ha molto colpito quello della Finlandia, che ci invita a riflettere sulla necessità di andare oltre la tradizionale istruzione e formazione continua certificata e istituzionalizzata.
Ciò che distingue l’approccio finlandese è la sua filosofia, che assume il luogo di lavoro come ambito primario di apprendimento. Le aziende non sono viste solo come consumatori di formazione, ma come veri e propri ambienti di apprendimento. Si riconosce, come è ovvio, l’importanza della formazione istituzionalizzata e realizzata da soggetti esterni, ma nello stesso tempo si afferma che l’apprendimento è fortemente legato ai processi lavorativi e di innovazione, attribuendo un ruolo cruciale alla conoscenza tacita.
Quello che lo studio mette in rilievo è che molte competenze non possono essere più sviluppate soltanto con la formazione tradizionale; il ritmo rapido dell’innovazione tecnologica non consente l’immediato inserimento delle relative competenze emergenti nei programmi dell’istruzione e formazione formale, e neanche in quelli della formazione su misura.
Riconoscere tutto questo non sminuisce il ruolo degli Enti formativi. Essi, infatti, sono chiamati a supportare le imprese nel rendere esplicita e, in qualche modo, codificabile la conoscenza tacita. Una formazione che esiste in quanto aiuta a risolvere problemi aziendali reali.
Un altro aspetto importante del caso finlandese è che il progetto è promosso e gestito da un’associazione di categoria (la TIF, Technology Industries of Finland), un soggetto che ha tutto l’interesse a sperimentare approcci utili ai propri associati. Noi lamentiamo spesso che le Associazioni italiane di categoria quasi sempre si limitano a denunciare i problemi, ma poi non provano ad avviare soluzioni, fare sperimentazioni utili alla ricerca di soluzioni.
L’esperienza finlandese ci dice che sarebbe possibile sviluppare reti che consentano di scambiare informazioni relative alle innovazioni ed alla gestione di esse attraverso le catene di fornitura e di cluster industriali. Questo approccio in rete è particolarmente prezioso per le aziende più piccole, che possono beneficiare delle competenze delle organizzazioni più grandi attraverso relazioni di apprendimento collaborativo.
Mi chiedo se non dovrebbero essere proprio le Parti sociali a promuovere processi di questa natura, magari attivando strumenti come gli Enti bilaterali che hanno il “piccolo” vantaggio di avere in seno anche i rappresentanti delle organizzazioni sindacali. Abbiamo le potenzialità, abbiamo gli strumenti, ma finiamo solo per lamentarci e sprecare occasioni importanti per sostenere concretamente il nostro sistema produttivo.
Salvo Messina
Presidente Solco