La scorsa settimana, gli Stati Generali della Natalità sono stati al centro dell’attenzione mediatica; non solo per la contestazione al Ministro Roccella, ma anche per aver discusso del nostro inarrestabile declino demografico.
Come di consueto, sono stati presentati i numeri che dovrebbero spiegare il fenomeno, evidenziando in particolare che la caduta del tasso di natalità sarebbe imputabile alla mancanza di welfare specifico (scarsa offerta di asili nido, pochi permessi parentali ed insufficienti contributi per i figli). Tutto questo è certamente vero, ma è a mio modo di vedere una risposta parziale alla questione, che affonda le sue radici in fattori forse più strutturali.
Siamo sicuri che correlare welfare a tassi di natalità sia sufficiente? O esiste un nesso più forte con lo sviluppo e con i tassi di occupazione? E si potrebbe aggiungere con una più ampia questione culturale? Una indagine dell’Istituto Toniolo, condotta su 7mila donne tra i 18 e i 34 anni senza figli, riporta che il 21% di esse non desidera avere figli, mentre il 29% si dichiara debolmente interessata. Questo dunque non c’entra nulla con gli asili nido.
Se andiamo a vedere nei paesi come la Francia, in cui gli investimenti per sostenere la famiglia sono molto più importanti, scopriamo che il tasso di fertilità è del 1,79 per donna, mentre in Italia siamo all’1,24. Spendere in welfare è certamente utile per migliorare lo stato dell’arte, ma non è decisivo.
Sappiamo benissimo che la sostenibilità demografica non è data dal numero complessivo della popolazione – Francia e Italia hanno le stesse dimensioni da questo punto di vista –bensì dalla sua composizione per coorti anagrafiche. L’aumento degli anziani e la diminuzione dei giovani, uniti poi a questioni annose quali la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro, fanno saltare l’equilibrio generazionale, provocando problemi enormi e su più livelli.
Se tutto questo è vero, non possono bastare le vecchie ricette (per altro nemmeno implementate), ma abbiamo bisogno di un nuovo paradigma. Accanto a politiche per migliorare il tasso di natalità – sforzo titanico con risultati probabilmente modesti, definito “mitigazione del fenomeno” – forse si tratterrebbe, come sostiene l’economista Innocenzo Cipolletta, di lavorare per ‘innalzare l’età pensionabile, essere più coraggiosi nell’aprire all’immaginazione, affidarsi senza timori alla tecnologia che compensa la riduzione dell’offerta di lavoro…”. Come dire, immaginarsi un’Italia diversa e consapevole delle problematiche che si trova davanti, da affrontare con soluzioni sistemiche.
Salvo Messina
Presidente Solco