Un preoccupante, quanto tardivo, allarme viene lanciato dalle Agenzie per il Lavoro della Regione Lazio, soprattutto quelle che non si occupano di fare somministrazione ovvero di fornire manodopera alle aziende quanto piuttosto di fare accompagnamento al lavoro fungendo da intermediari tra domanda e offerta o attivando tirocini.
Molte di queste attività (le cosiddette politiche attive) sono per altro, nei fatti, sostenute da finanziamenti pubblici ed è qui che il sistema comincia a fare acqua da tutte le parti.
Numerose in questi giorni le denunce da parte delle APL di omissioni o ritardi nell’emanazione di bandi previsti su Gol (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori) e su altre misure di sostegno al lavoro. Poi, a complicare ancor più le cose, si aggiungono le lungaggini a causa dei tempi di validazione e rendicontazione delle attività svolte a favore dei disoccupati e, ancor più, dei pagamenti da parte degli uffici della Regione.
È sempre stata mia opinione che queste strutture avrebbero dovuto esprimere, già da tempo, una propria capacità imprenditoriale a prescindere dai finanziamenti pubblici e stare sul mercato, come si dice, con le proprie gambe ma quasi mai è così.
Rimane in me forte la delusione sull’incapacità da parte di tutti, in primis l’ente Regionale, di fare sistema. È sotto gli occhi di tutti la scarsa capacità dei Centri per l’Impiego di fornire servizi reali ai disoccupati che quando va bene al massimo riescono ad assolvere a compiti di tipo burocratico e allora non capisco perché ci si ostina a non attivare tutto quello che c’è nel territorio a prescindere della loro natura pubblica o privata.
Come avviene, per esempio, in Lombardia si sarebbe dovuto consentire alle APL una presenza più articolata nel territorio, così da poter prendere direttamente in carico i giovani senza passare, come avviene ora, obbligatoriamente per i Centri per l’Impiego e soltanto dopo una lunga profilazione scegliere la propria APL. Questa lunga trafila aumenta inutilmente i tempi e riduce nettamente il numero dei destinatari da coinvolgere.
I giovani avrebbero bisogno di supporti attivi, di forme di accompagnamento dove e quando servono, formazione mirata e connessa alla domanda. In pratica si tratterebbe di immaginare servizi flessibili da affidare alla singola Agenzia per il Lavoro con cui confezionare un vestito su misura del singolo giovane, al contrario oggi si possono attivare soltanto misure rigide e sottoposte ad approvazioni di tipo preventivo.
Sono le fasce più deboli che avrebbero bisogno di essere sostenuti ed accompagnate nel loro processo di inserimento nel mondo del lavoro.
Salvo Messina,
Presidente Solco