La terribile ed assurda morte del bracciante Satnam Singh a Latina prima, e poi quella dell’operaio Maurizio Di Pasquale a seguito di una caduta in un deposito Atac, mi stimolano alcune riflessioni sulla ritualità con cui si risponde a simili accadimenti.
Lo Stato, con tutte le sue articolazioni, annuncia il pugno duro e l’aumento di ispettori da mandare a controllare aziende e territori. Da parte sua, il sindacato indice manifestazioni o scioperi, bloccando per un giorno la città di Roma, come nel caso della morte dell’operaio dell’Atac.
Ma poi – e soprattutto prima – che cosa si fa? L’impressione è poco o nulla: passata l’emozione del momento, tutto scorre come prima. Da questo punto di vista impressiona l’incapacità di darsi strategie convincenti, strumenti utili e tempi plausibili.
Il sindacato, ad esempio, siamo sicuri che non possa andare oltre lo sciopero rituale per rivendicare concreti strumenti di tutela della salute e dei diritti soprattutto in favore delle fasce più fragili?
Nell’ultimo numero dell’inserto del Corriere della Sera “La Lettura” si legge un bel reportage di Francesca D’Aloja ed Eduardo Albinati su Borgo Mezzanone. Questo paese ospita la più grande baraccopoli d’Italia: da oltre trent’anni, ci vivono tra i 1.000 ed i 5.000 immigrati irregolari, a seconda della stagione di raccolta dei prodotti agricoli locali. “L’insediamento informale” ospita braccianti che lavorano nei campi della zona per pochissimi soldi. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti – il campo è a soli 15km da Foggia – ma non succede nulla: si tollera uno sfruttamento gigantesco e conosciuto, annunciando ciclicamente che “manderemo i nostri ispettori”, di solito a seguito di qualche evento grave.
Forse anche noi consumatori dovremmo porci qualche domanda quando ci indigniamo (giustamente) per le morti come quella del bracciante a Latina. Gli autori concludono il loro reportage nel mercatino di Foggia, dove le ciliegie vengono vendute ad un euro al chilo (“le compriamo o no dopo quello che abbiamo visto al borgo Mezzanone?”). Ma anche in tutti i nostri supermercati, cosa pensiamo quando troviamo un vasetto di marmellata al prezzo di un euro e cinquanta?
Certo, la responsabilità più grande è da ascrivere alle Istituzioni, che dovrebbero impedire situazioni di questo tipo, ed agli operatori della Grande Distribuzione Organizzata, che gestiscono i rapporti commerciali con i produttori. Ma forse una qualche riflessione sulla nostra società e sul modo con cui si compongono i prezzi dei prodotti agricoli dovrebbe riguardarci anche come cittadini. In caso contrario ci possiamo indignare, ma la cosa la accettiamo anche noi.
Salvo Messina
Presidente Solco