Due letture hanno colpito la mia attenzione questa settimana, entrambe relative al Programma Garanzia Occupabilità Lavoratori (GOL, che è parte delle riforme previste dal PNRR); in particolare, un articolo de Il Fatto Quotidiano e un’interessante ricerca del consulente di orientamento Leonardo Evangelista, che hanno confermato quanto andiamo dicendo da mesi sugli esiti di tale misura.
Il Fatto Quotidiano ci informa che il target di 3 milioni di individui da coinvolgere in misure di politica del lavoro non è stato nemmeno sfiorato: siamo infatti a circa 1 milione di soggetti, mentre rispetto al sottoinsieme di 800 mila persone da avviare ad attività formative siamo ancora a soli 194 mila, registrando peraltro tassi di abbandono piuttosto significativi.
Dovremmo in primis interrogarci su come sono stati definiti i target: la cifra di 3 milioni non tiene in alcuna considerazione l’andamento dell’occupazione, che ha registrato un incremento pressocché costante e consistente nell’ultimo anno – quasi mezzo milione di nuovi posti di lavoro – riducendo la platea di potenziali destinatari di GOL. Aveva un qualche senso fissare un target così elevato? Il governo, che tanto si compiace della crescita dell’occupazione, non trova un momento per riconoscere il quasi totale fallimento del programma, con il serio rischio di restituire gran parte dei 5 miliardi del PNRR.
La ricerca di Evangelista invece ci dà l’opportunità di guardare al programma GOL con gli occhi degli operatori, della “prima linea”. L’autore ha coinvolto circa 150 orientatori delle Agenzie Per il Lavoro che incontrano quotidianamente l’utenza e si interfacciano con le istituzioni a vario livello. L’indagine ha previsto l’impiego dell’interessante tecnica delle metafore, chiedendo di rispondere a diverse domande esprimendosi con linguaggio figurato. Le metafore più utilizzate per descrivere il programma GOL fanno riferimento ad una prigione, ad un labirinto, ad una macchina nuova e fiammante che però non cammina, ad una lotta contro i mulini a vento, giusto per citare le più significative. Gli orientatori denunciano inoltre le 6 (!) revisioni dell’Avviso intercorse nel tempo. Anche i motivi di insoddisfazione sono veramente impietosi: errata profilazione operata dai CPI, suggerimenti di misure di politica attiva improduttive da parte dell’algoritmo, scarsa qualità e quantità dell’offerta formativa. Gli orientatori si sentono frustrati perché avrebbero la volontà e gli strumenti per provare a fornire qualche risposta, ma il contesto, i servizi attivabili e le risorse disponibili (comprese le infrastrutture IT) impediscono di dare risposte adeguate. Forse ascoltare chi gestisce questi servizi potrebbe essere utile per fare scelte adeguate in fase di definizione della misura politica.
C’è poi il tema del bassissimo compenso previsto per i servizi da erogare. L’Avviso fissa tale cifra a 38 euro l’ora, con cui remunerare la prestazione dell’operatore e tutte le spese organizzative. Dare un così scarso valore ad una simile prestazione ci dice molto su come essa sia considerata dalle istituzioni: servizi scarsi per soggetti deboli. Si finisce così per svalutare il valore della prestazione, pregiudicandone gli esiti da principio. Si dovrebbe invece ridurre il bacino degli ipotetici utenti e destinare a questi ultimi servizi davvero utili per il loro inserimento lavorativo.
Fornire servizi di bassa qualità e non personalizzati rischia non solo di risultare inefficace, ma anche di alimentare la sfiducia degli utenti nei confronti delle istituzioni, ampliando ulteriormente la distanza che li separa dall’ottenimento di un lavoro ed in generale dalla piena partecipazione alla società. Un elemento, quello della perdita di fiducia nelle istituzioni, meno tangibile ma decisamente non trascurabile, in primis dalla politica.
Salvo Messina
Presidente Solco